Ai fini della consumazione del reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi, come previsto dall’art. 572 c.p., il rapporto tra “semplici coinquilini” non è da ritenersi “convivenza”.
In questi termini si è pronunciata la II Sezione della Corte di Cassazione (sentenza n. 37166/24).
In motivazione la Corte ritiene di dover interpretare il concetto di convivenza in senso stretto, ossia “soltanto la coabitazione tra individui legati da una relazione qualificata da comunanza materiale e spirituale di vita e da aspettative di reciproca solidarietà, non già la contingente condivisione di spazi abitativi, priva di connotati affettivi e solidali, dovuta a mera amicizia”.
Peraltro, aggiunge la Corte, estendere il concetto di convivenza anche ad altre situazioni come quella di cui sopra, costituirebbe una interpretazione analogica della norma penale, quindi motivo di censura.
